C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco"
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perchè i piedini dei bambini morti non crescono
c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu
Prefazione
Mi dedico alla scultura da poco tempo e la mia produzione si è sempre rivolta al mondo fantasy.
In diverse occasioni, amici pittori, mi hanno chiesto di realizzare un pezzo storico, di staccarmi dal fantasy, di confrontarmi con il rigore della documentazione storica, di riprodurre qualcosa di reale anche se remoto.
Ho sempre visto soldati, di svariate epoche, spesso ben fatti e ben dipinti, a volte eseguiti con una tal maestria da mozzare il fiato.
Raramente invece ho visto l’altra parte, quella civile o quella dei prigionieri o comunque, quella non strettamente legata all’uniformologia.
Ho voluto quindi realizzare una sezione del campo di sterminio Auschwitz Birkenau dove più di un milione di persone ha perso la vita.
Ho deciso di seguire il consiglio degli amici modellisti, ho dato forma a una pagina della storia, una delle pagine più assurde e tristi che l’uomo poteva scrivere.
Come di consueto inizio il lavoro confezionando il manichino, nello specifico è una copia in resina di un bacino, un torace e un cranio che avevo modellato in magic sculpt, ho poi realizzato uno stampo bi valva in silicone.
Per unire le varie parti del manichino e creare gli arti, uso un tubo di rame dal diametro di un mm.
Con strisce di plasticard e magic sculpt realizzo la carriola.
Le misure, opportunamente ridotte in scala, le ho ricavate misurando una carriola attuale, l’aspetto invece l’ho potuto desumere da immagini trovate in rete.
Con un manichino analogo al precedente ma piegato sino a conferirgli una posizione fetale, realizzo il cadavere che pongo sulla carriola.
I pali di recinzione dalla caratteristica forma li ho realizzati coprendo con il magic una striscia di acciaio opportunamente sagomata.
Ho testurizzato la superficie con una spazzolina d’ottone, cercando di riprodurre la rugosità e l’usura dei pali di cemento sottoposti alle intemperie.
Gli isolanti ai quali sarà legato il filo spinato li ho realizzati nel modo seguente:
Ne ho dapprima modellato uno l’ho poi immerso nel silicone per impronte e nello stampo così ottenuto ho colato della resina.
Ogni nottolino è stato forato e imperniato, con colla bi componente è stato poi fissato al foro praticato al palo.
La lampada, anch’essa dalla forma caratteristica, era presente alla sommità dei pali in modo alterno.
Ho sagomato un tubo di rame per costruire il braccio, il “cappello” invece l’ho ottenuto tornendo un blocco di stucco già indurito.
In pratica ho lasciato indurire un cono di magic dalle dimensioni nettamente superiori a quelle definitive, ho inserito sull’asse un perno di ferro.
A questo punto ho serrato il perno nel mandrino del trapano avviandolo a bassissimi giri e tenendolo con la mano sinistra, quindi impugnando con la destra una lima ho sagomato il cono di magic, esattamente come avverrebbe con un tornio.
La lampadina ha subito lo stesso procedimento dei nottolini isolanti, modellazione in magic, impronta in silicone e duplicazione in resina, unica differenza che in questo caso ho utilizzato della resina trasparente per l’effetto acqua.
Il pettirosso, visto le dimensioni veramente ridotte, l’ho modellato direttamente in stucco senza un’armatura metallica all’interno.
Le zampette sono realizzate con due pezzetti di acciaio del diametro 0,5 mm. e fungono anche da perni di riposizionamento/antirotazione, visto che l’uccellino è sfilabile dal palo onde agevolare il pittore durante la colorazione.
Per costruire il filo spinato, ho dovuto prima inventare un telaio che mi permettesse di mantenere il filo madre in tensione.
Per realizzarlo ho piegato, con l’aiuto di robuste pinze, un tondino di ferro dal diametro di due mm.
Ho praticato due solchi agli estremi della struttura, da una parte per legare e bloccare il filo e dall’altra per farlo scorrere sotto il peso di tensione.
Nel mandrino di un trapano elettrico ho stretto un gancio in ottone al quale ho fissato due fili di ferro ricotto a uso orafo del diametro di mm 0,18.
Avviando il trapano a bassissima velocità i due capi si attorcigliano creando così una copia in scala del cavo principale del filo spinato.
Come si presenta il cavo una volta avvolto.
Il filo montato sul telaio e tenuto in tensione da un piombo usato nella pesca sportiva.
Per ottenere i “nodi” caratteristici del filo spinato avvolgo una coppia di fili intorno al cavo madre quindi interpongo due stuzzicadenti e ripeto l’operazione…..e ancora….. e ancora….. fino al raggiungimento della misura desiderata.
Il risultato dopo aver rimosso gli stuzzicadenti.
A questo punto taglio il filo in prossimità del nodo dando “vita” alle spine.
Con l’aiuto di una pinzetta separo le spine che dovranno essere due e distinte a ogni lato del nodo.
Per meglio comprendere la dimensione del filo spinato, in questa immagine si può confrontare il nodo con la capocchia di uno spillo.
Ecco una prima idea di come si presenterà il nostro reticolato.
Termino l’ambientazione riproducendo il terreno con la pietra pomice (ho aggiunto qualche goccia di colore all’impasto poiché il bianco assoluto della pomice disturba nelle fasi fotografiche), aggiungo dei ciuffi d’erba (poseidonia inserita direttamente nella pomice) laddove il terreno non subisce il passaggio di uomini e mezzi, finisco incollando ai pali il filo spinato sinora realizzato.
Abbozzo l’anatomia riducendo il più possibile la muscolatura (visto la magrezza dei prigionieri nei campi di sterminio).
Comincio a dare forma anche al viso.
Per rendere scomponibile la coppia uomo/carriola inserisco un perno di 0,5 mm. nell’armatura del braccio e fisso un tubo lungo quanto il palmo della mano sul manico della carriola.
In seguito modellerò la mano sulla carriola e la manica sul braccio, il polsino della giacca coprirà agevolmente la linea di giunzione polso/braccio.
Le mani modellate con un mix di magic e duro.
Ho scelto questa miscela solo per differenziare il colore e visualizzare meglio i dettagli.
Modello le scarpe con un mix di duro e magic per visualizzare meglio i dettagli durante le fasi di scultura e quelle di fotografia.
Inizio il panneggio dai pantaloni e via via salgo.
Un controllo della visione d’insieme è, a questo punto, d’obbligo.
Completo il panneggio, i bottoni sono realizzati in stagno con l’ausilio di un palettatore.
La Stella di David “cucita” sul petto l’ho modellata con il solito mix Duro/magic.
Anche se in maniera approssimativa, modello l’anatomia del prigioniero morto.
Gamba e piede sinistro, braccio e mano destra invece li modello e rifinisco, dato che saranno le uniche parti anatomiche visibili.
Infine, con una sfoglia di stucco, copro il cadavere a imitare un lenzuolo logoro e strappato.
Il lavoro terminato pronto per essere dipinto.
E questo è il lavoro completato, dipinto da Mirko Cavalloni